Conclusioni
La demenza è la manifestazione più crudele dell’invecchiamento, quella che inesorabilmente cancella tutto ciò che fa di noi individui e persone” (Lancet 2008).
Tale patologia è caratterizzata da una presentazione clinica multiforme, dall’evoluzione spesso impredicibile, dal coinvolgimento di vita del paziente, dall’esigenza di una assistenza che richiede una equipe pluri-professionale (Trabucchi M. 2009).
Lo studio presentato, evidenzia che nell’ambito del gruppo dei soggetti esaminati il 77.03% (esclusi i non valutabili) di essi ha dimostrato nel complesso la presenza di “deterioramento cognitivo”. Per tali utenti sarebbe opportuno fornire la possibilità di eseguire in prima analisi un follow-up, in modo da poter monitorare il decorso della patologia. Successivamente, sarebbe auspicabile aiutare le persone con demenza a riadattarsi a una vita più serena, aiutare anche le loro famiglie che hanno bisogno di essere supportate e di ricevere risposte adeguate. Infatti, in virtù dei risultati ottenuti, oltre ai programmi sperimentali di trattamento farmacologico è indispensabile l’inserimento dei pazienti in uno specifico programma di training riabilitativo di stimolazione cognitiva, considerando le diverse fasi della malattia.
Lavorando quotidianamente per la diagnosi e la cura dei pazienti, è aumentata la sensibilità relativa ai problemi posti dalla malattia ai pazienti stessi ed alle loro famiglie.
Da tale ricerca, emerge che vi è una minore affluenza di utenti provenienti dalla provincia rispetto a quelli della città (Taranto) e quindi la necessità di sensibilizzare maggiormente la popolazione sulla patologia, spesso definita “della post-modernità”. Questa sensibilizzazione è utile affinché si comprenda l’importanza di una diagnosi precoce, necessaria per una efficace gestione della patologia stessa.
Questa ricerca si è offerta come utile stimolo per la pianificazione e progettazione di un approccio nuovo. Esso si rivela di grande importanza nella cura di queste malattie di lunga durata che condizionano il malato, la sua famiglia e gli operatori in una relazione prolungata e faticosa. Emerge anche che la gestione diagnostica dovrebbe prevedere un iter di studio delle patologie cerebrali primitive più inerente alla neurologia e psicologia, un’attenta analisi strumentale di radiodiagnostica ed una valutazione neuropsicologica che vada oltre lo screening neurocognitivo di base.