I confini nelle relazioni umane. La giusta distanza tra vicinanza e lontananza.
E’ molto difficile in una relazione riuscire a modulare le giuste distanze, da tale modulazione dipende la qualità della relazione stessa.
Una delle caratteristiche più importanti in una relazione è quindi il concetto di vicinanza-lontananza relazionale, infatti la modulazione delle distanze aiuta a costruire qualsiasi tipo di rapporto, lavorativo, famigliare, amicale …
a volte ci avviciniamo in modo da sentire il calore dell’altro e a volte ci allontaniamo per prendere da lui maggiori distanze.
La distanza è lo spazio e il tempo fra due persone o due cose.
Lo spazio funge da modulatore di una relazione.
Le coordinate della distanza sono quindi principalmente due:
- Lontananza che si ha ad esempio quando in una conversazione c’è l’altro che è distratto e non ascolta.
- Vicinanza, quindi quella che si ha a livello amicale, cordiale, affettiva, di pensiero, culturale, politica…
La relazione fra due persone si gioca per distanze, modulazioni e misurazioni di distanze. Quindi spazio e tempo caratterizzano la relazione, e in base al loro equilibrio si avranno relazioni sane o patologiche.
Entrambe le due coordinate hanno più polarità ed a tal proposito si può introdurre, citando Zygmunt Bauman (sociologo e filosofo), il concetto di liquidità[1] in una relazione, come metafora per esprimere due polarità cioè il sapersi adattare in qualsiasi relazione e quindi arricchimento sia come limite cioè il non avere confini.
La comunicazione non verbale può offrirsi come misura di riferimento della distanza esistente tra due persone.
La chiave di lettura di una relazione che oscilla tra vicinanza e lontananza si osserva su 3 assi:
- 1. Geometrico (misurabile).
- 2. Temporale (in parte oggettivabile).
- 3. Emotivo (soggettiva).
1) La vicinanza o distanza in senso geometrico riguarda l’effettiva distanza espressa in cm.
La PROSSEMICA (Edward T. Hall), cioè lo studio del rapporto tra comunicazione ed uso degli spazi interpersonali, fissa addirittura le distanze tra le persone comunicanti in un movimento centrifugo:
- distanza intima – (0-45 cm). La zona intima è la più vicina al nostro corpo (madre figlio, coppia); in essa si verificano diversi fenomeni emozionali, per cui possono accedervi soltanto persone con le quali si sia stabilito un rapporto di intimità. Viene percepito come aggressore chiunque invade tale spazio senza consenso. E’, quindi, molto importante, nel rispetto dell’altro, cercare di non violare la sua zona intima.
- distanza amicale/personale – (45-120 cm). Caratterizza le relazioni tra conoscenti che si sentono a proprio agio. Alla zona personale possono accedere familiari, amici, colleghi e tutte quelle persone con le quali di solito si hanno rapporti di affabilità. Propria della confidenzialità, consente di padroneggiare l’incontro con l’altro rispettando i propri spazi vitali (distanza intima) concedendo e concedendosi all’altro in uno scambio dialogico. Questa distanza ci permette di essere maggiormente obbiettivi e meno invischiati come accade nella relazione intima. Tale zona non può essere invasa senza aver prima verificato la disponibilità dell’altro perché l’invasione arreca disagio o fastidio a chi la subisce. Il disagio aumenta quando l’invasione diventa più grave. Alcune persone di status sociale superiore non gradiscono che il proprio spazio personale (scrivania o altro) venga invaso con parti del corpo od oggetti altrui.
- distanza sociale – (1,2-3,5 metri). Normalmente, è quello spazio riservato ai contatti sociali meno profondi, più convenzionali e formali. In questa zona non si parla di problemi intimi ma di lavoro; non ci si confida, ma si offre consulenza, si trattano affari.
- distanza pubblica – (oltre i 3,5 metri). Riguarda le pubbliche relazioni, incontri di lavoro, seminari, cerimonie, conferenze e spettacoli… Tale distanza è regolata, di solito, da precisi protocolli (la distanza che separa l’insegnante dalla classe, il manager dei dipendenti, l’oratore dal pubblico). Spesso sancisce il potere di un individuo sugli altri, è di tipo verticale, crea una distanza. E’ mediata dallo sguardo che comunque rimane diretto dall’alto verso il basso(paziente-medico…). La zona pubblica, come le altre zone, va sempre rispettata a meno che non si stabilisca un coinvolgimento di tipo diverso.
La psichiatra dr.ssa A. Garofano allo studio delle relazioni di vicinanza (prossemica) di Edward T. Hall aggiunge il concetto di:
- distanza vissuta che è l’aspetto fenomenologico dove il passato tramite la memoria permette di proiettarsi verso il futuro e dà la capacità di costruire le amicizie. La vicinanza diminuisce le convezioni sociali ed aumenta la possibilità di coinvolgimento emotivo; al contrario la lontananza permette il distacco emotivo segnalando le diverse posizioni sociali.
2) La vicinanza o distanza in senso temporale può riferirsi alla frequenza dei contatti relazionali tra le persone, la loro durata quindi la quantificazione temporale della distanza degli eventi.
3) La vicinanza o distanza in senso emotivo. Riguarda il “colore” della relazione, tutto ciò che ha a che fare con il sentire emozionale che varia di intensità, qualità, quantità.
Durante un’interazione, se si vuole comunicare bene con l’altro, bisogna rispettare i suoi segnali di distanza. Esistono persone, per lo più psicologicamente fragili, rigide od oppositive, che vivono ogni avvicinamento come una forma di invasione e di limitazione della propria personalità. Al contrario altre, assillate dal costante bisogno di sentirsi accettate, sono portate inopportunamente a valicare confini che non dovrebbero essere superati, non rendendosi conto che tale bisogno può essere soddisfatto solo con il consenso dell’altro. Il bambino piccolo non ama gli spazi tra lui, le persone e le cose, sia perché non ha molti accumuli emotivi e sia perché non ha ancora introiettato le norme sociali e non ha ancora raggiunto una completa individuazione del se. Quando non sente più il bisogno di invadere lo spazio altrui con continue verifiche affettive, vuol dire che è passato alla condizione adulta.
La distanza si gioca contemporaneamente in modo subliminare anche attraverso modificazioni neurovegetative.
Anche i sensi hanno un importante ruolo nella gestione delle distanze.
I sensi modulano la distanza in vari modi; vi sono recettori di distanza orientativi e prevalentemente percettivi come occhi orecchie e naso (gia da lontano ci danno informazioni riguardo la distanza) e recettori immediati di vicinanza che sono la pelle e il tatto:
- Il tatto ci permette di giocare le distanze, si ha la possibilità di toccare e quindi sentirci vicini e quella di respingere allontanandoci. I pazienti psichiatrici infatti spesso non vogliono essere toccati, hanno paure di contaminazione, vivono l’altro come intrusivo.
- L’olfatto media la relazione; spesso ci sentiamo vicino o lontani in base all’odore che ha l’altro, basti pensare alla distanza fra le varie razze umane e ai differenti odori di pelle che esse hanno. A questo punto si cita la distanza culturale definendola come modulatore dei tempi e delle coscienze nonché degli spazi.
- La Vista ci aiuta nelle relazioni; si pensi all’empatia e all’influenza dei neuroni specchio che ci mettono nella condizione di avvicinarci all’altro. Ci si sente tenuti, considerati se si viene guardati negli occhi. Anche la postura dell’altro ci aiuta a capire il tipo di relazione. Lo sguardo funge quindi come rilevatore di distanza.
- L’Udito ci offre informazioni sulla vicinanza emozionale. Infatti con l’ascolto del tono e timbro della voce capiamo l’emotività dell’altro e quindi la sua distanza da noi.
La comunicazione è un elemento che definisce la distanza basti pensare al silenzio del depresso e quindi al suo grosso vissuto di distanza. La comunic-azione infatti determina una “interazione” quindi è l’azione che condiziona l’intenzionalità all’incontro e al dialogo definendo le distanze.
Pensando al concetto di vicinanza-distanza anche l’abitare diventa una caratteristica della relazione, come estroflessione del nostro essere, scandito in senso geometrico e anche temporale; tra le varie metafore possibili basti pensare alla relazione intima madre/feto, dove il feto abita nella pancia della madre iniziando in questo modo questa relazione.
Abitare significa “in-essere”, dove abitare è essere in un luogo che ha tante estroflessioni di noi stessi, infatti quando entriamo in una casa ci facciamo subito una idea di chi la abita.
Nell’abitare non esistono né oggetti ne spazi che si possono definire neutri. Ogni spazialità situazionale cambia e si modifica (per come siamo, per come sono gli altri, per il tipo di incontro…) in ogni momento e si caratterizza con il dis-allontanamento cioè non con la misura della vicinanza o delle sue proprietà ma con il “non avere” distanza cioè la mancanza da essa.
Le modulazioni dell’abitare sono infatti tante come:
– L’accoglienza. Intesa non solo come accoglienza dell’altro ma anche come l’accogliersi.
– L’ascolto come intenzione di prendere, raccogliere.
– La disponibilità e quindi l’ospitalità come capacità di fare entrare dentro di noi l’altro e accoglierlo.
– L’appartenenza dove il sentirsi parte di un gruppo mi dà la possibilità di sentirmi capito, oppure dove lo spazio in cui si abita comunque esso sia mi dà il senso di appartenenza.
L’abitare ci pone in relazione con l’altro infatti tanto quanto noi saremo più ospitali con noi stessi tanto più lo saremo con l’altro.
Lo spazio ideologico completa le varie argomentazioni sulla vicinanza-distanza, infatti anche la cultura condiziona il nostro sentire e vivere la distanza. Alcune culture (per esempio quella inglese) frappongono molto spazio tra il sé e l’altro da sé, mentre altre (come gli arabi) lo annullano. Nella nostra cultura, accettiamo solo in modo transitorio la vicinanza dell’altro. Al contrario ad es. la cultura araba considera la vicinanza stretta non come una richiesta di intimità, bensì come un modo per conoscersi meglio, grazie allo scambio di informazioni non verbali captabili attraverso l’odore, il calore, i movimenti di adattamento del corpo…
Infatti mentre nella nostra cultura una persona non si sognerebbe mai di sedere accanto ad un altro in un autobus semivuoto, gli arabi, invece, in una situazione analoga, siedono l’uno accanto all’altro.
Con il cambiare delle culture anche il concetto di distanza e vicinanza relazionale stà mutando. A tal proposito è utile pensare alle problematiche di questi tempi più degne di attenzione cioè Internet e la nuova edilizia:
- A proposito di internet infatti vi è una illusoria vicinanza che si avverte credendo di avere tutto a portata di mano, ma nella realtà davanti al desktop noi siamo molto distanti da quello che percepiamo vicino. Appare evidente come senza l’integrazione dei vari sensi come tatto, contatto visivo, olfatto… questa sensazione (computerizzata) di vicinanza sia del tutto illusoria.
- A proposito della nuova edilizia invece, basti pensare a come le iniziali costruzioni rurali avevano le abitazioni sviluppate tutte su un piano con in comune un cortile (la coorte), mentre le costruzioni attuali, si sviluppano in altezza sopprimendo sempre più gli spazi comuni. In quest’ultimo caso pur vivendo molto vicini per densità comunque ci si sente molto lontani.
Con queste modificazioni si possono evidenziare ed individuare la distanza mancante come una delle problematiche della nostra “modernità”. La distanza che viene a mancare in queste modificazioni che avvengono nella nostra società è proprio la distorsione patologica della distanza vissuta; lo stare continuamente “sulla soglia” (dentro-fuori, sanità-follia..) ci fa rischiare uno sgretolamento dei confini dove il se perde il suo rilievo.
[1] Società liquida. Nei suoi ultimi lavori, Bauman ha tentato di spiegare la ‘postmodernità’ usando le metafore di modernità ‘liquida’ e ‘solida’. Nei suoi libri sostiene che l’incertezza che attanaglia la società moderna deriva dalla trasformazione dei suoi protagonisti da produttori a consumatori. In particolare, lega tra di loro concetti quali il consumismo alla creazione di rifiuti “umani”, la globalizzazione all’industria della “paura”, lo smantellamento delle sicurezze ad una vita ‘liquida’ sempre più frenetica e costretta ad adeguarsi alle attitudini del ‘gruppo’ per non sentirsi esclusa, e così via. L’esclusione sociale elaborata da Bauman non si basa più sull’estraneità al sistema produttivo o sul “non poter comprare l’essenziale”, ma del “non poter comprare per sentirsi parte della modernità”. Secondo Bauman il “povero”, nella vita liquida, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma si sente frustrato se non riesce a sentirsi “come gli altri”, cioè non sentirsi accettato nel ruolo di consumatore. La critica alla mercificazione delle esistenze e all’omologazione planetaria si fa spietata soprattutto in Vite di scarto, Dentro la globalizzazione e Homo consumens.
eh, sembrano cose scontate, in realtà ad esempio, per me che sono dipendente affettiva e un partner (che nel mio caso è sempre un coo-dipendente) queste vicinanze e lontananze sono prive di regole, altalenanti e prive di ordine. Una delle prime cose che ho dovuto imparare é il concetto di limite.
immagino che il miglior modo per poter gestire le distanze sia viverle nel rispetto delle varie fasi del “ciclo del contatto” riuscendo a porsi dei limiti nella relazione.
Faccio esperienza, a volte, che le persone che temono emozioni di intimità o si tengono a una distanza di sicurezza o vanno in senso opposto, invadono la tua intimità…ti abbracciano, si lanciano su di te senza guardarti negli occhi. Trovare la giusta distanza credo voglia dire rispettare in nostro mondo emozionale nella relazione con l’altro.